• Le cinque grandi missioni per cambiare l'Italia

1. Riorganizzazione dal profondo di tutti gli apparati dello Stato per un nuovo modello di Stato informatizzato e digitalizzato, con più di cento servizi facilmente accessibili da parte dei cittadini.

2. Riforma dell'architettura istituzionale dello Stato: elezione diretta del Capo dello Stato, dimezzamento del numero dei parlamentari, devoluzione alle Regioni della responsabilità per la scuola, per la sanità e per la difesa dei cittadini dalla criminalità urbana.

3. Rivisitazione del complesso delle leggi e dei codici per giungere alla formazione di Testi unici e di un nuovo Codice fiscale con l'abrogazione di migliaia di leggi.

4. Realizzazione del nostro "Piano per le grandi opere" indispensabili per il nostro Paese: strade, autostrade, ferrovie, ponti, porti, metropolitane, reti idriche. Difesa del territorio per resistere alle calamità naturali e valorizzazione del nostro grande patrimonio artistico e ambientale.

5. Attuazione del nostro "Piano per il Sud", chiave di volta dello sviluppo nazionale: lotta alla criminalità, nuove infrastrutture, incentivazione del turismo e dell'agricoltura, meno burocrazia, convenienza fiscale per gli imprenditori ad investire nel Meridione.

  • Le cinque grandi strategie per migliorare la vita degli italiani

1. Attuazione della nostra ricetta per il benessere: meno tasse sulle famiglie, sul lavoro e sulle imprese, meno burocrazia, meno divieti, meno sperperi di denaro pubblico, per avere più sviluppo e più lavoro, più risorse da investire per il bene di tutti.

2. Attuazione di una nuova politica sociale per aiutare chi e' rimasto indietro e per aiutare chi aiuta gli altri: aumento a 1 milione delle pensioni minime, nessuna imposta sulle famiglie con redditi inferiori a 20 milioni, "buono scuola" e "buono salute", meno vincoli e più incentivi per il volontariato.

3. Attuazione del nostro "Progetto per la prevenzione dei reati", con la riorganizzazione dell'intero apparato della sicurezza per proteggere davvero i cittadini: controllo del territorio, forze dell'ordine meglio equipaggiate e meglio pagate, rapidità dei processi, certezza della pena, controllo dell'immigrazione clandestina.

4. Attuazione del nostro "Piano per la scuola, per la alfabetizzazione digitale e per la ricerca scientifica", le vere ricchezze del nostro futuro. Sospensione della riforma dei cicli scolastici, le tre "i" Inglese, Internet, Impresa, più investimenti e meno vincoli per la ricerca.

5. Difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini con controlli più efficaci e rigorosi su acqua, aria e alimenti.

  • I quattro fondamenti della nostra politica sociale

1. Scuola e formazione continua per tutti i cittadini e per tutta la vita, per dare a tutti e a ciascuno la possibilità di potersi dare da fare alla pari con gli altri.
Il primo pilastro della nostra politica sociale non è l'assistenza ma la scuola e la formazione, per dare a tutti i cittadini la capacità di poter essere protagonisti nella vita sociale e in grado di trovare lavoro perché il lavoro da' a ogni uomo non solo il benessere ma anche una vera dignità.

2. Applicazione della nostra "Ricetta del benessere, dello sviluppo, della solidarietà", per permettere alle imprese di creare nuovi posti di lavoro e ridare benessere e dignità a chi e' rimasto indietro.
Questa ricetta laddove è stata applicata ha sempre creato le condizioni per far sviluppare le imprese, far crescere l'economia e creare nuovi posti di lavoro. I suoi contenuti fondamentali sono: meno tasse sulle famiglie, sul lavoro e sulle imprese; meno burocrazia, meno regole, meno divieti, meno sperperi di denaro pubblico, meno privilegi; più investimenti nelle grandi opere che sono necessarie al Paese; più elasticità nei rapporti di lavoro.
Tutto questo genera maggiore competitività per le imprese, maggiore sviluppo per l'economia, quindi nuovi posti di lavoro, cioè meno cittadini da aiutare da parte dello Stato, più cittadini che pagano imposte e contributi. Così si creano le condizioni per abbassare le tasse e alzare le pensioni più basse, una nuova ricchezza che lo Stato può utilizzare per pagare il debito pregresso, avviare le grandi opere, aiutare chi da solo non ce la fa.

3. Azzeramento delle tasse e interventi di supporto mirati per coloro che con le loro forze non riescono ad entrare nel circuito del benessere.
Nessuna imposizione fiscale per chi ha un reddito inferiore a 20 milioni. Aumento delle pensioni inferiori ad un milione al mese, e aumento delle pensioni sociali in un primo stadio a 700.000 lire e nel giro di due anni ad un milione al mese. Questa misura costerà 7.000 miliardi e abbiamo già trovato il modo con cui recuperare questa cifra.
Per dare a tutte le famiglie libertà di scelta verranno istituiti il "buono scuola" per dare ai genitori modo di scegliere in quale scuola mandare i propri figli chi non vuole frequentare e il ''buono salute'' per fare in modo che tutti possano scegliere il luogo in cui curarsi, senza più discriminazioni tra ricchi e poveri.
Comunque, una volta conquistata la maggioranza del Parlamento, saranno sospese la riforma Bindi della sanità e la riforma dei cicli scolastici Berlinguer - De Mauro. Inoltre i Comuni devono essere messi in grado di creare uno sportello unico al quale possano rivolgersi per avere aiuto e sovvenzioni le famiglie che curano in casa anziani, figli disabili, e coloro che versano in situazioni di temporanea difficoltà.

4. Promulgazione entro i primi cento giorni di una "legge Tremonti per il sociale", che riduca burocrazia e vincoli e contenga incentivi fiscali per "aiutare chi aiuta", le realtà del terzo settore e del volontariato.
La "Tremonti del sociale" sarà un testo unico che semplifichi le regole, riduca la burocrazia e preveda la completa deducibilità fiscale per le donazioni fatte dalle imprese e detrazioni fiscali per le donazioni fatte da singoli cittadini alle associazioni del terzo settore.

  • Il decalogo dello sviluppo per le imprese

1) Riedizione della legge Tremonti sulla detassazione degli utili reinvestiti nelle imprese.

2) Abolizione dell'imposta di successione.

3) Abolizione dell'imposta sulle donazioni.

4) Riduzione progressiva al 33% dell'IRPEG.

5) Riduzione progressiva al 33% dell'IRPEF.

6) Emersione del sommerso, con un condono per le attività emerse che sia una ''tomba'' sui fatti amministrativi, fiscali e penali.

7) Abolizione della tassazione sulle plusvalenze dei beni societari, per liberare quei beni che giacciono nei patrimoni delle società e che in Italia sono cristallizzati.

8) Riforma del diritto societario, che riporti il falso in bilancio alla ratio della legge, cioè un reato specifico che riguarda l'attività' dell'amministratore infedele che con dolo ha provocato un danno agli azionisti dell'azienda. Eventuali altre irregolarità ricadranno nell'ambito del reato di truffa o nel reato fiscale, ma non nel falso in bilancio.

9) Reintroduzione della legge sull'ornato pubblico, una norma dell'800 in base alla quale nei propri uffici, nelle proprie fabbriche, nelle proprie case si può cambiare tutto a proprio piacimento, purché si rispettino le norme sanitarie. Si deve passare sotto le forche caudine delle commissioni edilizie solo per quelle parti che si vedono dalla pubblica via. E' l'applicazione del concetto "padroni in casa propria".

10) Redazione, entro tre anni, di un Codice unico delle leggi fiscali, con abolizione delle 3.000 leggi fiscali attualmente vigenti.

  • Meno tasse più lavoro

Imposte giuste in cambio di servizi efficienti

Siamo tutti convinti che le imposte devono avere il consenso dei cittadini per essere imposte. Siamo convinti che i cittadini pagano sapendo di compiere un dovere verso tutti gli altri cittadini. Badate bene, non verso lo Stato, perché le imposte non sono un diritto dello Stato, che e' quella convenzione che noi abbiamo voluto tutti insieme stipulare. Uno Stato autoritario com'e' il nostro oggi, le chiede semplicemente perché esiste. Io sono lo Stato, decido quali imposte tu cittadino mi devi pagare e tu me le paghi, perché sei il mio servitore, sei al mio servizio. Nella nostra concezione invece i cittadini pagano le imposte allo Stato in cambio dei servizi che esso da' loro. Il diritto dello Stato a chiedere le imposte e' un diritto che deriva dal consenso dei cittadini.

Ma non basta questa pressione fiscale, queste tasse in aumento. Lo Stato ha fatto di più, ha continuato a legiferare abnormemente in materia fiscale. Nel triennio che va dal '96 al '98 sono stati quattrocento i provvedimenti fiscali. Significa un provvedimento fiscale, udite bene perché e' un record mondiale, ogni tre giorni. E non e' finita! Lo Stato continua in questa direzione, ci sono molte proposte di questo tipo in Parlamento, e soprattutto ci sono molte proposte che sono sottratte al Parlamento perché gran parte dei provvedimenti che prima ho citato sono stati presi dal governo attraverso il sistema delle leggi delega. Queste sinistre hanno usato per oltre cinquanta volte questo sistema, che e' antidemocratico, un sistema in base al quale la maggioranza, grazie ai suoi numeri, con quello che si chiama appunto un colpo di maggioranza, sottrae una certa materia alla discussione del Parlamento, la passa al governo che e' libero di legiferare. In pratica dice: comando io, decido io quali tasse imporre ai cittadini e a quali categorie di cittadini imporle. In questo modo si violano i diritti del Parlamento, si violano i diritti dell’opposizione che deve difendere in Parlamento i diritti dei suoi elettori e di tutti i cittadini, si annulla una funzione importante del Parlamento perché, ricordiamocelo, nelle democrazie occidentali i Parlamenti sono sorti soprattutto per difendere i cittadini dalle richieste esose dei governi in materia di imposte. Questo diritto in Italia non c'e' più!

Siamo a un bivio: dobbiamo scegliere tra declino e sviluppo

Che fare di fronte a questa realtà? Siamo di fronte a un bivio: dobbiamo scegliere tra il declino a cui ci portano, ci hanno portati e ci porteranno le sinistre, e lo sviluppo. Per riprendere la via dello sviluppo e dell’occupazione non c'e' che un modo, il nostro, la nostra ricetta del benessere e dello sviluppo. E' dal 1994 che noi ci insistiamo, e l'abbiamo trasformata nei nostri sette mesi di governo in azione concreta. La nostra ricetta è: meno tasse sulle imprese e sul lavoro, meno rigidità nei rapporti di lavoro, meno spesa pubblica corrente, più spesa pubblica in conto capitale nelle infrastrutture (producono più competitività delle nostre imprese e dei nostri prodotti) più sviluppo, più crescita economica, più posti di lavoro, e quindi maggiori introiti nelle casse dell'erario, nuova ricchezza da destinare sia alla realizzazione di infrastrutture che al pagamento del debito pregresso che ci siamo trovati sulle spalle - perché questa sinistra e' stata partecipe di quel miracolo all'incontrario che ha visto moltiplicare per otto volte, dal 1980 al 1993, il nostro debito pubblico. Quindi una ricchezza nuova da destinare anche all'aiuto vero di chi ha davvero bisogno. Crediamo che soltanto ritornando al nostro progetto si possa sfuggire al declino e riprendere la via dello sviluppo.

C'e' bisogno di una rivoluzione copernicana dello Stato

C'e' bisogno insomma di una rivoluzione copernicana, una rivoluzione a centottanta gradi dello Stato, di questo nostro Stato ammalato di burocrazia, ammalato di centralismo. Una rivoluzione degli apparati dello Stato, dei suoi meccanismi di funzionamento, e naturalmente della sua politica fiscale così com'e'  voluta dalle sinistre. Ma anche una rivoluzione della sua politica legislativa. Siamo il Paese al mondo che ha più leggi. Bisogna imporre una tregua legislativa. Dobbiamo renderci conto di quello che è diventata l'amministrazione dello Stato: un pozzo senza fondo che inghiotte metà del prodotto del Paese, una macchina mangiasoldi, mangiarisorse, che rende in servizi ai cittadini e alle imprese molto poco, perché gran parte di quelle risorse sono impiegate soltanto per mantenere se stessa.

Ci troviamo di fronte alla necessità di riformare l'architettura istituzionale del Paese. Ormai e' quasi una moda parlare di riforme. L'elezione diretta del Capo dello Stato, un Capo dello Stato che abbia poteri di governo, e' certamente importante. Erano importanti anche le riforme su cui si era impegnata lo scorso anno la Commissione Bicamerale, e che abbiamo bocciato, convinti come eravamo che si stava andando in una direzione di cattive riforme. Le riforme che stavano venendo fuori avrebbero fatto fare dei passi indietro all'Italia, ci saremmo trovati con una legge fondamentale dello Stato peggiorativa rispetto alla Costituzione vigente, che si sarebbe cristallizzata, che sarebbe rimasta in vigore per più anni. Abbiamo detto quindi no a quel ritorno all’indietro. Siamo però tuttora convinti che le riforme istituzionali siano necessarie, ma crediamo che non si possano attuare come riforme organiche esclusivamente con lo strumento delle modifiche costituzionali attraverso l'articolo 138 della Costituzione. Con questo strumento si possono fare singole riforme, mentre c'e' bisogno di riformare tutta la nostra Costituzione, ormai vecchia di cinquant'anni. Non soltanto riformare la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima, quella dei diritti, molti dei quali non sono stati realizzati nella pratica quotidiana dello Stato, dell'amministrazione dello Stato e in particolare dell'amministrazione della giustizia.

Il nostro progetto: meno tasse uguale più sviluppo

Il nostro programma prevede innanzi tutto una vasta area che abbiamo definito No Tax Area, un'area per i soggetti più deboli, per i redditi più bassi, per la casa, per i servizi sociali, per le famiglie che possono di meno, un'area che prevede la completa esenzione fiscale fino alla cifra che stabiliremo al momento opportuno. Una cifra comunque che si aggira intorno ai venti-ventidue milioni, per una famiglia formata da una persona sola che lavora e nella quale c'e' un coniuge da mantenere con due figli. Lo stesso deve valere per una famiglia formata da una persona di settantacinque anni con coniuge, con un reddito modesto, inferiore a quella cifra. Per queste famiglie noi diciamo che non ci deve essere neppure la preoccupazione di fare la dichiarazione dei redditi, perché a un certo momento della vita si ha il diritto di vivere sereni, si ha il diritto, dopo aver tanto dato, finalmente di ricevere!

Immediatamente sopra la No Tax Area deve esserci un’imposta anch’essa giusta, l’abbiamo chiamata aliquota basica, un'aliquota del 23 per cento che si riferisce ai redditi delle famiglie medie, ai profitti delle piccole e piccolissime aziende. E' un'aliquota che arriva sino ai duecento milioni.

Dai duecento milioni in su, come aliquota massima deve esserci quel terzo che e' stato dettato dal nostro senso di giustizia, il 33 per cento di aliquota massima!

L'abolizione della tassa di successione

A questo aggiungiamo ciò che abbiamo da sempre indicato come un nostro preciso impegno, l'abolizione di un'imposta odiosa, attraverso la quale il fisco mette le sue mani rapaci su ciò che un padre e una madre, dopo una vita di risparmi, vogliono passare a chi continuerà nel tempo il loro nome. L'imposta di successione nasce da una precisa ideologia contro la proprietà, e ha aliquote punitive della proprietà, che arrivano anche al 33 per cento.

Noi non abbiamo mai compreso perché là dove non ci sia creazione di nuova ricchezza ma soltanto un trasferimento di ricchezza, debba esserci un diritto al prelievo da parte dello Stato. In questo modo si tassa per la quarta volta il prodotto del lavoro: la prima volta quando si forma quella quota di ricchezza, la seconda volta quando questa ricchezza da' un reddito, perché c'e' la tassa del 27 per cento e del 12,5 per cento sul reddito dei capitali e sul reddito dei titoli del debito pubblico, o le imposte patrimoniali se con quei risparmi si sono acquistati degli immobili, e infine ancora per la quarta volta sulla stessa somma si accanisce la tassazione quando diventa quota di una successione.


Impegno a ripresentare la legge Tremonti

Naturalmente prevediamo anche, e ci impegniamo a farlo nei nostri primi cento giorni di governo, di ridare quella spinta alle imprese, quell'incentivo forte ed efficace alle imprese, che e' stata la legge Tremonti. Alle imprese abbiamo detto e diremo ancora: vi detassiamo gli utili che vi impegnerete a investire per aumentare il vostro prodotto, per aumentare i posti di lavoro. Vi daremo di nuovo le leggi Tremonti del '94, che in quello stesso anno fecero sorgere trecentomila nuove aziende, che produssero anche nel '95 decine di migliaia di posti di lavoro con un costo per l'erario che è stato stimato essere soltanto di 23 milioni per ogni posto di lavoro!

Sappiamo invece che sono centocinquanta i milioni che spende lo Stato quando, con i sistemi della sinistra, vuole creare un posto di lavoro. Ma anche questo calcolo non ci ha convinto e non ci convince perché tutti i mezzi, tutti i soldi che con questo sistema di aliquote giuste, con questa nostra riforma, noi lasceremo nelle mani degli imprenditori, nelle tasche dei cittadini, saranno anch'essi ulteriormente fonte di reddito per lo Stato, si trasformeranno in consumi, in un aumento dei consumi, e su di essi lo Stato preleverà il 20 per cento dell’imposta IVA. Si trasformeranno in risparmio presso le banche, e lo Stato preleverà sul rendimento di questi risparmi.

Ma soprattutto, di fronte ad aliquote giuste ci sarà un sommerso che salirà alla superficie, si allargherà la base imponibile del Paese. Se dobbiamo prendere per buone le affermazioni del ministro Visco, e cioè che esiste nel Paese un monte di duecentocinquantamila miliardi di imponibile non dichiarato per le imposte IVA, molti di questi, ne siamo sicuri, saliranno alla superficie. Gli interessati si sentiranno di mettersi la coscienza tranquilla, sentiranno che per loro e' più conveniente non evadere il fisco, e saranno altri soldi che entreranno nelle casse dell'erario.

Infine, c'e' naturalmente da calcolare ciò che l'erario prenderà attraverso l'aliquota del 23 o del 33 per cento sull'aumento degli utili delle aziende dovuto all’incremento del prodotto nazionale.

Contratti di lavoro a tempo libero

C'e' un'altra misura che pensiamo debba essere presa e che ci impegniamo ad assumere nei primi cento giorni, ed e' una misura che attiene ai rapporti di lavoro. Oggi in Italia c'e' una rigidità che non ha eguali al mondo. Ci sono sessanta diversi contratti di lavoro. Ci sono giovani, soprattutto del Sud, dove la disoccupazione raggiunge e supera il 50 per cento, che hanno diciotto e più anni, che sono liberi di prendere una decisione importante come quella di sposarsi, ma se non hanno lavoro non possono permettersi di dare vita a una famiglia. Bene, questi giovani non sono ritenuti dalla legislazione vigente, dai nostri sindacati, all'altezza di poter stipulare liberamente un contratto di lavoro. Si preferisce lasciarli disoccupati piuttosto che dare loro la possibilità comunque di un contratto di lavoro a un livello di retribuzione che loro stessi ritenessero conveniente. Allora ecco la nostra proposta: invece di sessanta contratti di lavoro diciamo un solo contratto, fermi i diritti acquisiti dei contratti esistenti, per i già occupati, ma per i nuovi impieghi via ai contratti di lavoro a tempo libero, ai contratti che potranno liberamente stipularsi tra imprenditori e giovani, che potranno essere assunti con facilità. Libertà quindi all’inizio del rapporto, durante il rapporto, e anche per una immaginabile e possibile fine del rapporto. Libertà di lavoro e libertà nella determinazione del tempo di lavoro.

Tutte queste innovazioni sono misure che non abbiamo inventato noi, sono solo ciò che e' stato già attuato in altri Paesi. Abbiamo studiato i risultati dell'amministrazione della signora Thatcher in Inghilterra, che ha risolto problemi simili ai nostri, e quelli dell'amministrazione Reagan negli Stati Uniti. Abbiamo studiato i provvedimenti che oggi vengono messi in atto in Irlanda, in una parte dell'Inghilterra, nel Galles, che vengono messi in atto da Aznar in Spagna. Aznar ha sviluppato una campagna elettorale che lo ha portato al governo, basata esattamente sugli stessi nostri programmi, ha applicato le nostre stesse ricette, quelle che stavamo qui applicando e che ci e' stato impedito di continuare ad applicare dopo soli sette mesi di governo. Con queste stesse ricette Aznar, in un Paese che ha esattamente la metà del nostro prodotto nazionale, e' riuscito ad aumentarlo di oltre il 3 per cento all'anno. E' riuscito a creare trecentomila posti di lavoro nel primo anno di governo, trecentoventimila nel secondo anno, e annuncia per quest'anno, il suo terzo anno di governo, una creazione di oltre quattrocentomila posti di lavoro.

E' quindi la realtà degli altri Paesi che ci spinge a insistere su questi nostri programmi, su queste nostre ricette.

Daremo alla nostra riforma fiscale un'attuazione graduale. Senza accelerazioni demagogiche, senza traumi, con cauta gradualità opereremo per far sì che il fisco sottragga al reddito dei cittadini solo la quota compatibile con l'assolvimento di inderogabili compiti collettivi, restituendo alla loro disponibilità il sovrappiù e con esso una maggiore libertà.

L'istituto del concordato fiscale preventivo

Uno degli istituti in cui crediamo di più e' quello del concordato fiscale preventivo. Dopo la realizzazione di studi di settore condotti per ogni provincia d'Italia, dovrebbero sedersi a uno stesso tavolo i rappresentanti delle singole categorie, i rappresentanti dell'amministrazione finanziaria e gli imprenditori, per esaminare i risultati di questi studi di settore, e vedere cosa guadagna chi fa il fornaio, chi fa il medico, chi fa questa o quella attività imprenditoriale. Si dovrebbe poi discutere sulla realtà di quella specifica azienda. L'imprenditore mostrerebbe i suoi conti, si confronterebbero con gli studi di settore e alla fine, magari dopo un litigio, magari anche dopo un litigio non breve, si potrà arrivare a un accordo. L'imprenditore accetterà che il primo anno il fisco consideri un suo guadagno di cinquecento milioni, per ipotesi, che il secondo anno salgano a seicento, il terzo anno a settecento. Si decide, si firma, si ritorna in azienda, l'imprenditore straccia tutta un'onerosissima contabilità che lo porta oggi a più di cento e passa adempimenti burocratici e fiscali in un anno, più di due a settimana, si aboliscono tutti quei registratori di cassa, quegli scontrini che fanno parte del vecchio armamentario, di questo vecchio sistema fiscale, e l'imprenditore può finalmente pensare soltanto a lavorare, a produrre, a creare nuovi posti di lavoro, con uno Stato che finalmente si fida di lui!

Distribuzione del carico fiscale dalle persone ai consumi

La nostra riforma procederà nella direzione che avevamo indicato nel '94: una migliore distribuzione del carico fiscale.

Oggi vengono tassate soprattutto le persone, le imprese. Noi proponiamo una minore tassazione delle persone e delle imprese, proponiamo che ci siano più tasse sulle cose, sui consumi. In questo modo chi più consuma si assumerà, come e' giusto, un maggior carico fiscale.

Passaggio dalle cento imposte attuali a otto imposte principali

Proporremo una riduzione dell'oppressione fiscale attraverso il passaggio dalle oltre cento imposte attuali a otto imposte principali. Così le quattordici imposte sulla casa diventeranno una, le sei imposte sull'automobile diventeranno una. Ci sarà poi l'imposta sulle persone fisiche, l'imposta sulla società, l'imposta sull'energia, l'IVA, l'imposta locale sui redditi. Proponiamo di passare tutti gli immobili dello Stato alle amministrazioni comunali e regionali che dovranno rendere conto ai cittadini, da vicino, di come mantengono i beni pubblici che sono i beni di tutti noi!

Un codice fiscale unico

Arriveremo infine a eliminare e abrogare le oltre tremila imperscrutabili e inintelligibili leggi fiscali che esistono oggi - una giungla, una selva che non garantisce serenità a chi vuole operare nel pieno rispetto della legge - per arrivare a un codice unico, con norme chiare e comprensibili, uguali per tutti. Questo sarà il primo mattone di quella grande rivoluzione, che abbiamo appunto voluto definire "copernicana", di questo nostro vecchio e superato apparato dello Stato.